Giornata Mondiale del Libro, emergenza Coronavirus e cultura del libro. La gente ha più tempo e si è riavvicinata alla lettura? I libri hanno fatto compagnia? Le impressioni di Lucia Della Porta, editrice e direttrice del Pisa Book Festival.
Potremmo definire l’emergenza Coronavirus come la tempesta perfetta, chi sapeva nuotare a mala pena è rimasto a galla, e chi non sapeva nuotare difficilmente poteva imparare in quelle condizioni così ostili. Neanche la curiosa Matilda di Roald Dahl avrebbe trovato libri da leggere nella casa dei genitori, aveva bisogno anche lei della biblioteca di quartiere e della scuola. Sono pochi quelli che hanno trascorso il periodo di isolamento in una bella casa di campagna con una biblioteca a disposizione. Per la maggior parte di noi non è stata una vacanza premio. Ci siamo ritrovati dalla sera alla mattina soli, prigionieri in casa, tagliati fuori da ogni forma di civiltà, chiuse le scuole, le università, le biblioteche, l’edicola è rimasta l’unico presidio culturale nelle città deserte. Non c’è stato nessun incoraggiamento a leggere, tutto ormai sembrava passare dal web. Così siamo rimasti prigionieri dello schermo, della tv o del computer, poco importa, il Coronavirus ha colpito in questi due mesi di clausura anche la carta stampata. No, i libri, purtroppo, non ci hanno fatto compagnia, gli autori sì, ma dal web e non è la stessa cosa.
Abbiamo fatto una tale indigestione di “online” che sono sicura che la nuova frontiera sarà il vecchio caro libro cartaceo da tenere in mano, da leggere con gli occhi, in silenzio, con le nostre pause lasciando libera la nostra immaginazione. Sarà bello, quando finalmente ci faranno uscire, vedere la gente seduta su una panchina con un libro in mano. Oggi nella giornata mondiale del libro festeggiamo quella straordinaria invenzione di Gutenberg che da più di cinque secoli rende un miracoloso servizio alla diffusione delle conoscenze e all’umanità, e continua a farlo ora anche grazie alla nuova invenzione, passata quasi sotto silenzio ma altrettanto rivoluzionaria: la stampa digitale. E col libro festeggiamo anche gli editori senza i quali i libri non sarebbero quello che sono, gli editori che quasi per magia trasformano un manoscritto in un oggetto prezioso e per sempre.
Penso che la lezione di questo drammatico tempo di clausura non sarà un uso più invadente dei prodotti online, bensì un’attenzione maggiore al prodotto libro, una cura maggiore della grafica, dalla copertina alle immagini interne. D’altronde la piccola editoria ha sempre scelto la qualità piuttosto che la quantità, visto che è molto faticoso commercializzare un libro, meglio averne pochi ma buoni, e che siano duraturi soprattutto.
Anche se l’editoria non è tra i settori più colpiti dal confinamento, i danni ci sono stati e per alcuni possono essere molto pesanti. L’incertezza pesa anche sul nostro Pisa Book Festival, la fiera del libro riservata ai piccoli editori che si tiene a novembre da 18 anni. Speriamo davvero che ci diano il prima possibile l’assicurazione che la manifestazione possa aver luogo come programmato, pur applicando le dovute cautele per tutelare la salute dei partecipanti. Potrebbe essere un bel segnale di ripartenza del settore, partendo proprio dai piccoli editori. Non dimentichiamoci che dalla piccola editoria dipende anche l’attività di traduttori e illustratori che hanno bisogno di fiere come quella di Pisa.